Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

 

LA ZAMPATA DEL GATTOPARDO DI S. CALLERI - ED. SCIALPI - EURO 16,00 - PREFAZIONE DI GIOACCHINO LANZA TOMASI                    

 

dalla Prefazione di Gioacchino Lanza Tomasi

 

A 52 anni dalla pubblicazione del Gattopardo, novembre 1958, il romanzo è ancora in libreria. Sono state fatte nuove traduzioni in spagnolo, tedesco, francese, israeliano, giapponese, nuove edizioni in inglese sul testo definitivo del 2003 comprendente i frammenti espunti, ed anche la saggistica non si è estinta. In gran parte si tratta di saggi ripetitivi, come avviene quando si pensa di dover intervenire su un argomento già sviscerato, senza partire da un riesame della letteratura sul caso, che è ormai imponente. Fra i testi ricevuti di recente mi è pervenuto La zampata del Gattopardo – I luoghi dell’anima di Salvatore Calleri. Considerando quanto è uscito nella ricorrenza cinquantenaria (2007 cinquantenario della morte, 2008 della pubblicazione, 2009 del Premio Strega) il saggio di Calleri si distingue per aver ripreso con certa acribia e freschezza il cinquantenario della fortuna critica. Laddove gli autori sono per solito tentati di riprendere come scontati i giudizi già emessi, Calleri si è riletto le recensioni degli anni 1959-1960 e ne ha tratto alcune conclusioni rispettabili e tutt’altro che scontate. Successivamente ad un mio apprezzamento per il suo lavoro Calleri  mi ha anche inviato un suo lavoro di storia locale Savoca segreta. Confesso di avere un grande rispetto per questo tipo di pubblicazioni.

 

       La storia dei piccoli centri dei nostri regni meridionali è una narrazione che ci pone davanti a microcosmi affascinanti. Ed è da uno studio di questi testi, redatti senza un precedente che funga da guida critica, che si può riprendere la vera storia delle nostre comunità. Una vera storia che convive con la facciata della storia, come è appunto il caso del Gattopardo. Falsa storia, come denuncia Lampedusa, perché la storia delle annessioni è una storia ufficiale ove la verità si ammanta da bollettino di vittoria, dove i vinti scompaiono ed i vincitori sono investiti di ogni lungimiranza politica, e questo ancor si può fare, ma si esagera quando questa lungimiranza viene contestualmente omologata a sola linea etica possibile delle sorti magnifiche progressive. La storia del meridione è anche storia di prepotenza e sopraffazioni, in cui una civiltà debole soccombe ad una civiltà forte e, all’apparenza, vien spazzata via. Sì “i cannoni rigati di Cialdini” hanno avuto la meglio sulla difesa di Gaeta, ma il brusio dei vinti si è trasformato in una partecipazione senza affetto, e di conseguenza in una elisione sotterranea dei valori comuni. La costituzione della Repubblica, come spiega Lampedusa, non è stata redatta dalle comunità meridionali, e queste non si sentono vincolate ai valori che essa esprime.

 

      La letteratura siciliana presenta tanti indizi, emergenze emotive di un dissenso interiore, nel racconto degli ultimi centocinquant’anni dalla “fausta annessione”. Sono proprio gli scrittori, con un inciso, un commento a rivelare l’adesione torpida dei vinti. Un Malavoglia, ci racconta Verga, muore nelle acque fredde di Lissa senza che lui ed i suoi riescano a comprendere né il come né il perché. Ora, sulle orme di un fondo identitario incerto, un ricercatore come Calleri, un ricercatore di storia locale, può aiutarci a comprendere l’altra faccia della medaglia, la doppia lealtà siciliana: Il principe di Salina è unitario a suo modo, perché il processo si è dimostrato irreversibile, e frondista nella poca o nessuna adesione ai valori liberal-democratici del nuovo assetto politico.

 

      L’ ”uomo nuovo come dev’essere” è un mascalzone, e il meno che si possa dir di lui è che è un’opportunista, ma l’uomo vecchio, Ciccio Tumeo o l’erbuario don Pietrino, portavano dei valori che meritavano maggior considerazione. Si sentivano rappresentati in una società di cui accettavano l’iniquità e di cui avrebbero ancor meno accettato le prepotenze nascoste sotto la retorica di principi nient’affatto praticati. Attraverso questa lente, quella degli umili che non pretendono di spararla grosse, Calleri passa in rassegna la ricezione critica del Gattopardo.

 

      È la voce dello storico locale, di un uomo radicato nella propria comunità, e in questo contesto è voce nuova e sincera ad un tempo. E conferma ancora una volta un segreto del libro più popolare del nostro novecento. Quel talento di Lampedusa di sollecitare le tante identità, le coesistenze culturali di cui il siciliano è ricco più di ogni altro. Quella sua antica autentica e terrificante sapienza, quel sarcasmo agghiacciante della letteratura siciliana post-unitaria, da Verga a Pirandello, da Brancati a Lampedusa.  

 

 

 

                                                                                                             Gioacchino Lanza Tomasi

Tag(s) : #libri - autori - editori
Condividi post
Repost0
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti: