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ESORDIO D'AUTORE 

 

INTERVISTA A FRANCO BATTIATO 

 

 

 

di Elisabetta Bernardini

 

 

 

D) Franco, è stato presentato proprio in questi giorni qui a Roma (era il 7 maggio 2003 n.d.r.) il tuo film "Perduto Amor", così dopo tanti anni dedicati alla musica la tua prima esperienza cinematografica. Avevi bisogno anche delle immagini per esprimerti?

 

R) Sicuramente, è proprio così... è certamente questo il motivo che mi ha spinto a realizzare questo film...

 

 

 

D) Sembri entusiasta... pensi di  dedicarti a quest'arte d'ora in poi?

 

 

R) Fino a poco tempo fa non potevo sapere se avrei continuato oppure no a fare cinema, oggi invece si e posso affermare che dopo questa prima esperienza me ne aspetto un'altra. Si, mi piacerebbe dedicarmi al cinema.

 

 

 

D) Immagino anche perché il cinema non esclude la musica... Come è caduta la scelta della colonna sonora su musica così eterogenea, quella degli anni '60 e quella Classica a sottolineare le scene del film? Hanno forse segnato in modo particolare un periodo della tua vita? 

 

 

R) Per quello che riguarda la musica degli anni '60 la scelta è ovvia perché parte del film si svolge proprio in quell'epoca. Mentre per la musica classica la verità è che amo da morire questo genere. Certe musiche rappresentano l'eccellenza degli uomini che l'hanno composta, sono la dimostrazione stessa degli uomini che l'hanno creata... era dunque inevitabile che ci fosse anche questo sottofondo musicale nel film... Un film che però, tutto sommato, è biografico solo un po' e anche se il protagonista è un ragazzo siciliano, come lo sono anch'io, che emigra al Nord, posso dire che inr ealtà questa può essere la storia di molti, una storia dell'emigrazione. E' un film sui generis, una sorta di biografia collettiva.

 

 

D) Continuando con l'argomento musica, nella colonna sonora del film c'è un brano di Salvatore Adamo, Perduto Amore, reinterpretato da te, e Non dimenticar le mie parole, di Manlio Sgalambro. Sono diversi anni che ti dedichi a cantare le canzoni di altri autori, che cosa significa per te reinterpretare le canzoni degli altri? E' un gesto d'amore, una particolare ammirazione per loro?

 

 

R) Significa più semplicemente prendermi una bella vacanza...

 

 

 

D) Non hai mai cantato una canzone di Lucio Battisti...

 

 

R) Un grande autore come lui, che ha raggiunto i vertici della musica, è meglio non toccarlo. Reinterpretare le sue canzoni penso che sarebbe difficile; reinterpretare un brano come Emozioni, sarebbe impossibile...

 

 

 

D) Ti piacerebbe se qualcuno reinterpretasse le tue canzoni? Chi vorresti che fosse?

 

 

R) Ma vedi, io non ho di queste pretese, cioè che le mie canzoni siano cantate da chissà chi, e neanche certe curiosità. Non mi interessa perché alla fine parliamo di canzoni, e una canzone può essere si una incredibile vetta del pensiero e dello spirito, ma a volte accompagna momenti quotidiani... Anche se io poi ho sempre bisogno di metterci il tarlo della trascendenza...

 

 

 

D) La trascendenza non è un tarlo, semmai un dono divino. Conosciamo la tua dedizione la Sufismo, questa corrente mistica della religione islamica, e nonostante il tuo lavoro ti porti a essere spesso in pubblico riesci a mantenere un'immagine di artista impegnato e nello stesso tempo molto riservato. Una rarità oggi che la maggior parte degli artisti si trova un po' dappertutto, come se dal loro intervento dipendesse la risoluzione dei problemi sociali...

 

 

R) Certo non conduco una vita ascetica, anzi direi una vita bella... e grazie a Dio se è così, anche se a volte starei volentieri lontano dalle luci della ribalta. Il fatto è che con tutte le attenzioni che ricevo proprio per essere alla ribalta penso davvero di non poterne fare a meno. Tuttavia sono convinto che sia davvero inutile sperare di risolvere dei problemi sociali cantando canzoni. Non serve assolutamente a niente perché in sostanza non si risolve nulla. Se pensiamo che anche gli assassini più crudeli si commuovono a sentire una canzone, si commuovono di fronte all'Arte.

 

 

D) E si che di problemi ce ne sono davvero molti da risolvere, non ultimo quello di sperare di risolverli tuttavia facendo guerre... Tu cosa pensi di quanto sta accadendo oggi nel mondo...

 

 

R) Penso cose pessime e sono sempre più convinto che soltanto chi riduce la politica del proprio Paese a una sorta di servilità possa attaccarti e tacciarti di essere antiamericano soltanto perché non condividi una certa politica. Questo è grave. Essere contro una idelogia politica non vuol dire essere contro una nazione, in questo caso gli Stati Uniti, e per quanto io non abbia mai avuto il mito americano non sono affatto contro gli americani. Piuttosto dobbiamo riconoscere a Bush una buona dose di prepotenza in quello che fa (era l'anno della guerra in Iraq n.d.r.). E' come se noi italiani un giorno decidessimo di volerci riprendere Londra perché un tempo fu dei Romani... è assurdo! Mi viene in mente a proposito una scena del mio film, la simpatica reazione del professore di Liceo che a un certo punto tira in ballo Empedocle che poco prima di buttarsi nell'Etna ci ripensa: non voleva più, perchè? Questo è un esempio dell'assurdità delle cose... (Empedocle il grande filosofo che si vuole gettare nel cratere del vulcano perché convinto di essere immortale, sperava che poi tutti lo avrebbero riconosciuto come un dio n.d.r.)

 

 

 

D) E per te che proprio come Empedocle sei nato nella terra dell'Etna che cosa rappresenta il vulcano?

 

 

R) Non so se il vulcano è il mio punto di rfierimento e per quanto io stesso viva alle pendici dell'Etna... preferisco i giardini ai vulcani, ma Empedocle rappresenta il giardino mangiato dal fuoco...

 

 

 

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NOTA 

La presente intervista è stata realizzata all'Hotel Saint Régis a Roma, il 7 maggio 2003 in occasione della presentazione del film d'esordio di Franco Battiato dal titolo Perduto Amor e pubblicata sulla rivista di cultura e informazione editoriale Il laboratorio del Segnalibro diretta da Bruno Fonatana.

 

Elisabetta Bernardini

 

 

 

 

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INTERVISTA A OLIVIERO TOSCANI

 

DI ELISABETTA BERNARDINI

 

 

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DALL'INTERVISTA A OLIVIERO TOSCANI RIPORTIAMO ALCUNI BRANI

 

 

D) A Oliviero Toscani piace polemizzare, ha il gusto dell'invettiva. Serve ancora a qualcosa arrabbiarsi tanto? 

 

R) Non è che mi arrabbio, diciamo che sono arrabbiato e divertito allo stesso tempo. La mia rabbia non è rabbia, ma passione, è la pura espressione della mia passione.

Oggi a essere normali si può passare per matti e la mia immagine è il contrario dell'integrazione, questo spiega il motivo per cui ho scelto un mio ritratto sicuramente insolito, contorto, per la copertina del mio libro (Non sono obiettivo ed. Feltrinelli n.d.r.).

Può sembrare provocatorio e sicuramente lo è, ma anche la provocazione è un atto di generosità... significa mettere a disposizione la propria visione soggettiva di un problema e dare la possibilità di vedere e affrontare quel problema da un altro punto di vista, che sia d'impatto, proprio come accade con la mia fotografia.

 

 

 

D) Dove trova ragione di esistere una polemica? Nel consenso di molti?

 

R) La polemica non è altro che lo scontro di due opinioni contrastanti. Lo spunto per una polemica può trovare origine ovunque e su questioni differenti, e le cause possono essere molteplici.

Dove trova ragione di esistere una polemica? Beh direi che la polemica è come un rutto che ha ragione di esistere perché si è mangiato troppo e quindi si deve digerire per riassestare il proprio stomaco... se ha bisogno del consenso di molti, non credo; io sono quello che sono e non cerco né consensi né ragione, mi interessa di essere accettato da me stesso e cerco solo il mio consenso. Tutto qui.

 

 

ELISABETTA BERNARDINI

 

 

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